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Ashtanga Yoga e alimentazione

  • Immagine del redattore: Francesca d'Errico
    Francesca d'Errico
  • 23 mar 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Abbiamo già parlato di come l'Ashtanga Yoga diventi, nel tempo, un vero e proprio stile di vita.

L'Ashtanga infatti, al di là della pratica fisica quotidiana delle sequenze, impatta ogni aspetto della nostra vita grazie all'osservanza di tutti gli otto rami (Yama e Niyama in primis), e quasi sempre ha un effetto estremamente benefico sul nostro rapporto anche con il cibo.

Mi è capitato moltissime volte, come insegnante, di osservare nei praticanti, già dopo pochi mesi, non solo dei visibili cambiamenti fisici, ma anche e soprattutto un nuovo approccio all'alimentazione, basato su principi più filosofici che meramente dietetici.

Attraverso la pratica, e approfondendo gli otto rami, è inevitabile che una parte così importante della nostra esistenza come appunto il rapporto con il nostro modo di alimentarci, assuma connotazioni profondamente diverse. Vediamo come.


Ripassiamo, per cominciare, gli otto rami dell'Ashtanga Yoga:


Yama - norme etiche di comportamento verso gli altri

Niyama - norme di comportamento verso se stessi

Asana - la pratica fisica di posture corporee

Pranayama - il controllo del respiro

Pratyahara - il ritiro dagli stimoli sensoriali

Dharana - la capacità di mantenere concentrazione

Dhyana - la pratica della meditazione

Samadhi - l'unione dell'essenza individuale con quella universale


Prima di entrare nel dettaglio di Yama e Niyama, vediamo subito che gli Asana (e in particolar modo le sequenze dell'Ashtanga Yoga) ci propongono un approccio nuovo all'alimentarsi. Innanzi tutto, la pratica richiede di essere svolta a stomaco vuoto, sia perché affrontiamo molti movimenti che prevedono intense flessioni e torsioni, nonché posizioni a testa in giù, che sarebbe difficile eseguire a stomaco pieno, sia perché per svolgere un'attività fisica intensa, è importante che il nostro sistema cardiovascolare possa concentrarsi sull'afflusso del sangue ai muscoli, e non all'apparato digerente. Al termine della pratica però, diventa imperativo cibarsi in modo nutriente e sensato, perché senza sufficiente carburante di qualità, il nostro corpo difficilmente riuscirà a praticare con leggerezza.

In seconda battuta Pranayama, il controllo del respiro, ha un effetto estremamente positivo sul senso di fame e di sazietà, come hanno provato numerosi libri e ricerche scientifiche.

Pratyahara, la pratica del ritiro dagli stimoli sensoriali, diventa un'abitudine che possiamo trasferire dal tappetino al quotidiano, per combattere in modo efficace i fattori di stress. Gli ultimi tre rami, Dharana, Dhyana e Samadhi, innalzano la nostra essenza verso aspetti più spirituali e meno materiali dell'esistenza, contribuendo a combattere i disturbi alimentari da una prospettiva più spirituale e meno corporea, in cui il confronto con l'altro non ha più aspetti di giudizio e competizione, ma di solidarietà e accettazione.


Veniamo ora agli Yama:

Ahimsa - non violenza

Satya - verità

Asteya - onestà

Brahmacharya - morigeratezza

Aparigraha - modestia nel possesso di beni materiali


Già Ahimsa, "non violenza", ci propone un modello di vita in cui la compassione è fondamentale. E non parlo qui solo di compassione nei confronti del regno animale (la scelta di essere vegani o vegetariani deve restare assolutamente soggettiva), ma anche e soprattutto nei confronti di noi stessi. Diventa evidente, durante la pratica dell'Ashtanga Yoga, l'importanza di essere compassionevoli verso se stessi, di farsi del bene. E alimentarsi in modo compulsivo, negarsi il cibo, o assumere cibi dannosi, è chiaramente una violenza nei confronti del nostro corpo. Satya e Asteya ci suggeriscono di "non barare" con noi stessi. Brahmacharya ci invita alla moderazione, e Aparigraha ci invita ad acquistare meno, e possibilmente solo ciò di cui davvero abbiamo bisogno per vivere in salute. Concetti che possiamo facilmente applicare anche al nostro modo di alimentarci.


Ed ecco infine i Niyama, le osservanze verso noi stessi:

Sauca - purezza, igiene personale

Santosa - appagamento

Tapah - disciplina

Svadhyaya - studio di se stessi

Ishvara - abbandono allo spirito superiore (o al Divino)


I primi tre Niyama sono auto-esplicativi se applicati al nostro rapporto con il cibo. Il mantenere una buona igiene personale comprende la scelta di cibi poco intossicanti e sufficientemente nutrienti a sostenere la nostra esistenza. L'appagamento per ciò che abbiamo ci invita a stabilire dei limiti ai nostri desideri, alla nostra "fame" (che da simbolica spesso diventa reale proprio a tavola). La disciplina (la stessa che mettiamo sul tappetino) ci porta a rendere più regolari i nostri pasti.

Svadhyaya (lo studio di se stessi) ci invita ad analizzare i nostri comportamenti, le nostre reazioni, le nostre emozioni in ogni circostanza. Questo atteggiamento diventa un'auto analisi priva di giudizio, facile da applicare anche a tavola. In che modo ci apprestiamo a mangiare? Usiamo il cibo come compensazione per le nostre frustrazioni? O, piuttosto, ci affamiamo per soffocare i nostri sensi di colpa?

Infine Ishvara, l'abbandonarsi ad uno Spirito Superiore, il comprendere che non tutto è nelle nostre mani, non tutto può dipendere dalla nostra volontà, ma al tempo stesso credere fermamente di condividere le nostre preoccupazioni e soddisfazioni quotidiane con tutti gli altri esseri viventi, è un grande conforto nei momenti più difficili, che poi sono proprio quelli in cui, per compensazione, sbilanciamo il nostro rapporto con il cibo.


Questa può forse sembrare una visione semplicistica dei disturbi alimentari che affliggono tantissime persone di ogni età. Eppure io ho visto centinaia di persone letteralmente trasformare non solo il loro corpo ma anche e soprattutto la loro relazione con l'alimentazione proprio attraverso la pratica dello Yoga. Un risultato che, a differenza di tante diete forzate e innaturali, permane nel tempo, perché non costringe il corpo a regimi sbilanciati per inseguire modelli forzatamente imposti dai media, ma invita innanzi tutto ad una accettazione di se' priva di confronti e di giudizi e poi, attraverso la pratica, modella dall'interno verso l'esterno il nostro rapporto con il cibo. Potrei continuare elencando come la pratica di asana e transizioni, se correttamente appresa ed eseguita con costanza, scolpisca il nostro corpo rendendolo forte e flessibile in modo perfettamente bilanciato. Ma questo, chi pratica lo ha già scoperto da se'. Invito quindi i curiosi a non perdere tempo e a cercare un buon insegnante di Ashtanga Yoga per iniziare un viaggio alla scoperta di se' che, tra i tanti benefici, avrà anche quello di rendere molto più sano il nostro rapporto con l'alimentazione.

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