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Connettività vs Connessione: il potere della classe Mysore

  • Immagine del redattore: Francesca d'Errico
    Francesca d'Errico
  • 21 mar 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

Ieri sera, durante un programma televisivo, il giornalista Federico Rampini (che peraltro pratica Yoga da quando aveva 14 anni) raccontava di come sia Steve Jobs che Mark Zuckenberg abbiano dato il via ai loro rivoluzionari progetti dopo un viaggio in India: ispirati dal senso di connessione tra le persone che percepivano in quella terra dove Tutto è Uno, hanno creato la connettività. E non è un caso che proprio l'India sia oggi il paese più "connesso" al mondo attraverso la rete - così come evidentemente non è un caso che tra gli abitanti della Sylicon Valley californiana, ben 89.000 siano di origine indiana, e lavorino spesso in posizioni di grande responsabilità nelle Big Tech americane.

Ma se è vero che la connettività è stata ispirata dalla connessione, non dobbiamo confonderle tra loro.

La connettività è la capacità che sistemi diversi hanno di collegarsi e comunicare fra loro per scambiarsi informazioni. La connessione, invece, è l'intima unione fra due o più cose, un legame di stretta relazione e interdipendenza tra persone, fatti, idee.

Mentre la connettività vive in una realtà virtuale, la connessione è incarnata, e per realizzarsi ha bisogno di attori in carne ed ossa. Attraverso la connettività possiamo esplorare, attraverso la connessione possiamo fare esperienza.

Mi sembrano due concetti che possono spiegare in modo molto calzante la differenza che c'è tra il fruire di una classe di Yoga online, e il viverla invece di persona, all'interno di un gruppo che si incontra realmente e condivide uno spazio fisico. La connettività è sicuramente di grande utilità per un praticante che si trovi impossibilitato, per distanze o per altre circostanze, a frequentare una shala. Ma nulla può sostituire l'esperienza di connessione che viviamo in una classe dal vivo.

In una classe online (immaginiamo che sia interattiva e non registrata) l'insegnante può visualizzare solo parzialmente, bidimensionalmente e in scala ridotta i praticanti. L'interazione, anche nel caso di una lezione in diretta, è limitata (avete mai provato a parlare tutti insieme in una conference call?). Per osservare, chi insegna deve eliminare l'audio dei praticanti, e già viene a mancare un primo elemento di grande importanza: l'ascolto del respiro, indicatore fondamentale per comprendere l'esperienza dell'allievo.

In una classe dal vivo, l'insegnante cammina tra i praticanti, ne percepisce le sfumature del respiro, ha una visione tridimensionale e da molteplici angolazioni di ogni posizione e transizione. Non solo: oltre a fornire indicazioni verbali, l'insegnante può esercitare assist manuali.

La classe Mysore è, dal punto di vista della connessione, una delle esperienze più forti per comprendere il significato di questo termine. L'intima unione fra due o più persone è esattamente ciò che accade durante questa tipologia di lezione. Non solo in una direzione (dall'insegnante all'allievo), ma in più direzioni: perché anche l'allievo ha parte attiva in questo scambio, sia verso il maestro che verso (e da) gli altri praticanti.

Accade spesso, infatti, che nonostante decine di lezioni private, un praticante abbia una sorta di "rivelazione" - in termini molto pratici, ad esempio, nell'accedere ad una posizione - proprio durante una classe Mysore, e spesso senza il diretto intervento del maestro. Semplicemente, lasciandosi trasportare dall'energia condivisa nella Mysore room, spiegazioni a lungo analizzate si realizzano fisicamente: l'idea si incarna, e diventa reale.

Forse è per questo motivo che non sono mai riuscita a trovare le classi online - sebbene ne esistano di validissime - un luogo autentico per fare esperienza dello Yoga (e dell' Ashtanga Yoga in particolare). Può fare eccezione il caso in cui si sia da lungo tempo allievi di un maestro, e per mantenere vivo il contatto che altrimenti risulterebbe sporadico, si scelga di seguirlo ANCHE online. Dove "anche" è la parola chiave, perché è poi solo con la connessione incarnata che questo rapporto si trasforma e si evolve.

La connettività, insomma, è il velo di Maya della connessione. Pur essendo utile a farci conoscere superficialmente altri mondi, è solo quando ci immergiamo in essi con il nostro corpo fisico che riusciamo a fare nostro il concetto alla base delle filosofie che sottendono lo Yoga: Tutto è Uno.


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